In quel ristorante non ci vado più
Scoprire che il ristorante che ci piace ha degli scheletri nell'armadio ti impedirà di frequentarlo? Non si può più mangiare da nessuna parte?
/ Commestìbile / #10
“È giusto che di un ristorante si valuti la cucina, ancorché di altissima qualità, e ci si giri dall’altra parte se al suo interno vengono commessi abusi nei confronti delle donne che vi lavorano? Il patteggiamento della pena per stalking da parte di Giorgio Pinchiorri, proprietario della nota enoteca di Firenze che porta il suo cognome, e la conferma delle tre stelle da parte della giuda Michelin ha posto al mondo dell’enogastronomia una domanda alla quale si fatica a trovare risposte.” (Sonia Ricci su Editoriale Domani, 11 dicembre 2021)
Qualche anno fa la catena di hamburger Burgez, abbastanza nota a Milano, aveva pubblicato una serie di annunci di lavoro razzisti e inaugurato un campagna social per la Festa della Donna agghiacciante. La discutibile strategia di comunicazione del fondatore della catena, che lo scorso anno ha anche assunto un ufficio stampa nella speranza di riabilitarsi un po’, era incentrata sul politicamente scorretto e sullo sfruttamento di stereotipi sociali e sessuali.
Mangio poco gli hamburger e ho sempre trovato che quelli di Burgez fossero poco più che discreti, quindi non mi sarei certo strappata le vesti una volta deciso che non avrei mai più ordinato i loro panini. Non consumare più in quella catena a causa di quel tipo di comunicazione non è stato dunque per me un sacrificio; scoprii che lo era invece per dei miei amici che continuavano ad ordinarlo in ufficio. “Roby lo so, hai ragione, sono delle merde, ma gli hamburger sono troppo buoni”.
Il sommario di questa Newsletter
Etica e ristorazione
C’è chi è stato cancellato per molto meno
Cosa ne pensiamo su Instagram
Sei una merda se vai nel ristorante di un razzista? Intervista ad Eleonora Strozzi
Tutti i link di questa newsletter
Etica e ristorazione
Si possono compiere delle scelte etiche nel campo gastronomico? Dipende da cosa ci suggerisce la parola “ética” quando riferita al sistema food and beverage.
Siamo state/i brave/i negli ultimi anni a predicare la filiera corta, i piccoli artigiani, cibo buono, sano e pulito. Ma se l’etica degli ingredienti non si accompagna a quella del ristorante, alle sue logiche di assunzione, al trattamento economico e di condotta?
Mi spiego meglio: cosa fareste se scopriste che
Un ristorante assume soli uomini e non vuole donne in cucina? Oppure semplicemente in brigata ci sono solo uomini bianchi. Questo celebre ristorante di Londra ha scoperto a sue spese cosa vuol dire fallire pubblicamente in tema di inclusione.
Un bistrot prepara dei piatti da paura ma paga molto meno le donne rispetto ai colleghi maschi?
Quella trattoria poco costosa che vi piace tanto ha un proprietario che inneggia a Mussolini?
L’hamburger che ci piace da matti si fa pubblicità denigrando donne e minoranze?
Il vino che state bevendo è davvero una bomba, ma chi lo produce è un leone da tastiera razzista?
Non si può più mangiare e bere nulla.
Avete ragione, però qui non voglio dare risposte, ma in parte allargare la conversazione e dire quello che sto cercando di fare io.
C’è chi è stato cancellato per molto meno
Una guida gastronomica deve occuparsi della condotta etica dietro un ristorante? Non per forza, sebbene quell’invenzione bislacca delle stelle verdi, dedicate all’impegno dei ristoranti nei confronti dell’ambiente, valuti proprio l’etica in cucina.
I consumatori chiedono sempre più trasparenza e scelte più possibili etiche da parte dei brand. Sui social ci indigniamo per le logiche del fast fashion, boicottiamo linee di make-up di no-vax , o marchi di alta moda. Non è lontano il caso Balenciaga, con il suo danno di immagine e soprattutto economico.
Se per i brand medio-grandi ci sono più informazioni online, è impossibile sapere cosa c’è dietro ogni posto dove andiamo a prendere un caffè o dove mangiamo. Ma se venissi a conoscenza che un ristorante cozza terribilmente con i tuoi valori, ti importerebbe qualcosa?
Le guide gastronomiche ti risponderebbero serenamente di “no”. Almeno stando al celebre caso dell’Enoteca Pinchiorri, dove neanche una condanna per stalking e molestie ha impedito alle guide si inserire l’indirizzo nelle loro edizioni. La Guida Michelin, per intenderci, revoca le stelle a un ristorante per molto meno, ad esempio, quando cambia l’executive chef da un anno all’altro, questo per notificare che hanno riconosciuto il cambiamento e che il nuovo chef dovrà impegnarsi per riguadagnarla. Per le molestie nessun segnale, invece, neanche simbolico.
Una guida gastronomica deve occuparsi della condotta etica dietro un ristorante? Non per forza, sebbene l’invenzione bislacca delle stelle verdi, quelle dedicate all’impegno dei ristoranti nei confronti dell’ambiente, valuti proprio l’etica in cucina. Nella descrizione su “cosa sono le stelle verdi” che vi ho linkato c’è proprio la parola etica: “La ricerca [sugli ingredienti] viene condotta sul posto e in ufficio, esaminando ad esempio: (…) qualità dei prodotti, compresa l’origine biologica, biodinamica ed etica”.
Decidere di valutare l’etica di un ristorante quando si occupa di non sprecare cibo, decidere di non valutarla quando c’è una condanna per molestie.
Il giudizio della Michelin di Enoteca Pinchiorri, tre stelle Michelin. Il “giovane sommelier Giorgio Pinchiorri” è proprio quello condannato per stalking e molestie nei confronti di una sua ex-dipendente.
Un totale scollamento dalla realtà, visto che all’estero si sarebbe saliti subito agli onori della cronaca, guarda il caso di questi celebrity chef o di episodi di razzismo come questi.
Cosa ne penso e cosa ne pensiamo su Instagram
Siamo chiare fin da subito: non ci sono risposte e comportamenti corretti in assoluto quando si decide di consumare o non consumare qualcosa. Responsabilizzare il consumatore per qualsiasi scelta è una delle condanne social degli ultimi anni.
Io in cuor mio non riesco a dare i miei pochi soldi a un’attività che va contro quello in cui credo e di cui parlo da tempo. Tuttavia non sono una consumatrice senza macchia e senza paura. Mi capita ancora di comprare qualche capo dai negozi di fast fashion e guardo monnezza capitalista tutto il giorno fra TikTok e Netflix. Il consumatore informato e perfetto non esiste, e in caso non sarei di certo io. Cerco di essere però “migliore” negli ambienti che conosco di più: se so di un ristoratore che fa lo stronzo con il suo staff o di un suo cuoco che fa il maiale con le proprie assunte, allora cerco di fare una scelta radicale e di non metterci più piede. Sì, anche se la cucina mi piace molto.
Se abbia senso una presa di posizione come la mia e come quella di altre persone non saprei; è bene sottolineare che nel gioco “io sono migliore di voi” nessun ristorante si può definire davvero etico, viviamo pur sempre in un sistema capitalistico e tutti devono piegarsi a delle logiche che ci portano a fare delle scelte non etiche. Lo spiega meglio di me questo articolo di Eater di qualche tempo fa.
Non si può più mangiare da nessuna parte; avevo dunque ragione.
Nelle stories su Instagram di Commestibile ho chiesto cosa ne pensavate al riguardo. Lo dico ancora una volta: il campione su IG non è assolutamente rappresentativo, ma è interessante capire cosa pensa un pubblico ristretto, ma profilato.
Il risultato pensavo sarebbe stato molto più bilanciato di così e invece…Si sceglie un ristorante anche perché rispecchia i propri valori (61%) e per le persone che ci lavorano (25%); solo il 15% sceglie un ristorante soltanto per ambiente, cucina e servizio. E se vengo a conoscenza che un ristoratore va contro i mie valori? L’87% ha dichiarato che non andrà più in quel ristorante, mentre l’8% non sa e solo il 5% ha detto che ci andrebbe ugualmente, se si mangia bene.
Metto lo stesso sondaggio anche qui ,immaginando che ci sia qualche lettore che non segue la pagina Instagram, e viceversa.
Sei una merda se vai nel ristorante di un razzista?
Per quella che è stata la mia esperienza è un mondo altamente adrenalinico e competitivo in cui sono stati messi al centro ingredienti, produttori, metodi, ricette...e poco le storie e le esigenze reali delle persone che compongono i team e la qualità sistemica del cibo
Come ogni puntata di Commestibile cerco di espandere l’argomento parlando con chi ne sa quanto o più di me. Questa volta ho deciso di parlare con Eleonora Strozzi, una consulente e una business developer. Fonda il suo studio nel 2022, dopo un periodo sabbatico e una serie di esperienze nel mondo del marketing, della comunicazione e della consulenza. La sua pratica unisce competenze di branding, facilitazione, workshop, somatica e community building. Eleonora mette al centro le persone e i valori legati alla gender equality e alla diversity inclusion, e costruisce piani di consulenza ad hoc inserendo ognuno dei suoi clienti in un network e creando spazio per chi ha più competenze di lei negli specifici ambiti che possono costruire il puzzle delle necessità totali del cliente.
Se sei un ristorante o un’azienda gastronomica che ha bisogno di una ristrutturazione interna, dove mettere a fuoco valori e cambiare politiche del lavoro…ecco Eleonora è la persona che fa per te.
Hai lavorato poco con la ristorazione, ma forse abbastanza da potermi dire come percepisci questo ambiente, o che idea te ne sei fatta da esterna di com'è questo ambiente a livello di inclusività.
Eleonora Strozzi: Per quella che è stata la mia esperienza è un mondo altamente adrenalinico e competitivo in cui sono stati messi al centro ingredienti, produttori, metodi, ricette...e poco le storie e le esigenze reali delle persone che compongono i team e la qualità sistemica del cibo. Io vengo dal mondo della consulenza di cambiamento culturale per le aziende e mi viene da dire che manca un punto umano-centrico, persona-centrico, sia per quanto riguarda tutto lo spettro delle persone che lavorano sia quello delle persone che usufruiscono del servizio.
La ristorazione è un ambiente molto chiuso ed è difficile parlare di ristrutturazione da un punto di vista di inclusività ed equità salariale. Qual è il modo secondo te giusto di approcciare dall'interno ambienti così chiusi?
Mi stupisce che non sia ancora chiaro questo messaggio a coloro che usano ancora la loro leadership 'like a bomber'. La vera leadership è quella che mostra il fianco. Che non ha paura di sbagliare e cambiare direzione. La persona che guida è quella che per prima si è alzata nella stanza e ha fatto scelte differenti e rischiose. Io credo molto nel creare nuovi modelli di successo per ispirare gli altri a intraprendere questa ristrutturazione. Di partire da esempi virtuosi dal basso e già esistenti facendo focus su diversi ambiti e pratiche che sono state sviluppate nel settore. Magari vanno adattate, ma serve mettere luce su quei luoghi dove il futuro e già presente.
Scopro che un ristoratore non paga i dipendenti, oppure che ha una discutibile politica salariale nei confronti delle donne e delle minoranze. Non vado più nel suo ristorante, ma poi posso fare qualcosa attivamente, secondo te per avere un peso come consumatore/cliente?
Io penso che scegliere ristoranti che hanno una reputazioni virtuose sia un must, ma fino a quando non avremo un 'legit check' degli aspetti etici e culturali di un ristorante non sapremo mai veramente cosa succede. Come fare il legit check? Altra storia complessissima. Non sono a conoscenza di legit check che siamo rimasti tali dall'inizio alla fine. Penso ai coniglietti verdi dietro gli shampoo o anche il sistema b-corp, strumenti e certificazioni che spesso partono da esigenze nobili ma diventano strumenti di marketing.
Sarebbe interessante creare delle conversazioni intersezionali al sistema ristorazione per provare a fissare almeno i punti cardinali di un fantomatico 'legit check' valoriale per i ristoranti. Sarei felicissima di creare il team per guidare il workshop in questione.
Io penso che la cosa che possiamo fare è spendere in maniera informata o rompere le palle per delle cose, come per esempio pretendere piatti vegani anche se non siamo vegani. Detto ciò se notiamo atteggiamenti non corretti dovremmo imparare ad agire davanti alle ingiustizie: la cosa che fa più male è l'indifferenza.
Se continui ad andare in un ristorante che sai essere di un fascista o un sessista...sei una merda?
Gli americani dicono: put your money where your mouth is. Io penso che se posso evito di mangiarmi merda ecco, però se capita non sei una merda no.
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Chef e critici tengono il MeToo lontano dalle loro cucine (Editoriale Domani)
Una catena di burger milanese ha deciso di festeggiare così la Festa della Donna (Munchies)
Trendy Notting Hill restaurant boss sparks diversity row by sharing Instagram photo of his all-white all-male team of chefs - as he's blasted on social media for 'totally unrepresentative' line-up (DailyMail)
Sullo scontrino il duce, polemica in Veneto (Ansa)
Comprereste il vino di un razzista? (Dissapore)
When High Fashion and QAnon Collide (The New York Times)
6 of the biggest celebrity chef scandals of all time (Business Insider)
Paris restaurant accused of racism after refusing entry to Black women (Le Monde)
There Really Is No Ethical Restaurant Under Capitalism (Eater)
C’è talmente tanta scelta (nelle grandi città, esempio del burger dei colleghi) che se qualcuno continua a dare soldi a razzisti/stalker condannati etc significa che, sotto sotto, forse quei valori li appoggia pure. Scegliamo anche col portafogli.
Dibattito sempre attuale, che come sempre non è per niente facile e apre numerose porte.
In linea di massima sono d'accordo: così come da un lato tenderei a non frequentare posti che non rispecchiano i miei valori, dall'altro lato si tratta di scegliere le proprie battaglie.
Un esempio pratico per quanto mi riguarda: dopo le dichiarazioni omofobe di Massimiliano Di Caprio della pizzeria Il Presidente di Napoli, io non ci tornerò mai più. In questo caso i miei valori sono incentrati sul rispetto e l'inclusività. Ma per qualcun altro potrebbero essere la libertà di pensiero e di espressione, e la reazione opposta sarebbe il supporto all'esercizio di un titolare che ha esercitato un suo diritto (per quanto lo abbia fatto in maniera aberrante).
Così come un titolare di un ristorante dovrebbe sentirsi libero di non dover per forza aderire alle quote rosa (se si tratta di pura casualità e la discriminazione non è deliberata, in questo caso almeno in Italia è sanzionata dalla legge) e fare una foto del suo staff senza dover poi subire una shitstorm; per lo stesso motivo per cui esistono esercizi commerciali gestiti da sole donne dichiaratamente in nome del women power senza che per questo si sollevino polveroni (a Napoli potrei citare almeno due pizzerie).
E infatti il discorso sulla sensibilità pubblica è equivalente a quello della sensibilità personale. Dieci anni fa non ci saremmo scandalizzati per le magliette di Burgez, le avremmo trovate ironiche. Oggi è tutta un'altra storia. E lì scatta il meccanismo dei valori: "in quel ristorante non ci vado più" dice appunto molto di più della persona che prende questa decisione, che di chi ha commesso il misfatto. Esattamente come la decisione di una guida Michelin di inserire o meno un ristorante nonostante le controversie: si condanna l'uomo o l'artista? Se il mio servizio è al cliente, forse la cosa è irrilevante. Certo, posso dare un segnale con una scelta di esclusione, ma poi devo portarla avanti in totale coerenza (e da lì capisci la linea editoriale della testata).
Ci sono veramente tanti spunti di riflessione in questa newsletter .Grazie mille, soprattutto per il link che mi andrò a spulciare.