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C’è talmente tanta scelta (nelle grandi città, esempio del burger dei colleghi) che se qualcuno continua a dare soldi a razzisti/stalker condannati etc significa che, sotto sotto, forse quei valori li appoggia pure. Scegliamo anche col portafogli.

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D'accordissimo. Una cosa di cui non ho parlato, perché altrimenti si andava lunghi, sono gli eventi. Un paio di volte ho rifiutato di partecipare a eventi con uno chef che è risaputo abbia picchiato tutte le sue compagne (oltre ad abusare verbalmente del suo staff). Quando ho spiegato le ragioni del mio rifiuto agli organizzatori - "non vengo perché c'è lui" - hanno sempre tutti fatto spallucce o risposto "Ma guarda che non lo incontrerai, l'evento è grande". Ecco se riuscissimo anche a dire "perché non vengo" o "perché non entro in quel ristorante" sarebbe ancora più utile, secondo me.

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Esattamente. "In principio fu il verbo" dice non a caso la bibbia che già millemila anni fa riconosceva all'importanza della verbalizzazione un ruolo centrale nel definire l'identità delle cose. Noi chiamiamo le cose con nomi, e chiamare "abuso" l'abuso serve sicuramente a renderlo reale. Concordo sul fatto che anche io mi rimuovo da eventi con gente "controversa". Dopo il verbo, infatti, viene l'azione :) Concordo al 100%

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Dibattito sempre attuale, che come sempre non è per niente facile e apre numerose porte.

In linea di massima sono d'accordo: così come da un lato tenderei a non frequentare posti che non rispecchiano i miei valori, dall'altro lato si tratta di scegliere le proprie battaglie.

Un esempio pratico per quanto mi riguarda: dopo le dichiarazioni omofobe di Massimiliano Di Caprio della pizzeria Il Presidente di Napoli, io non ci tornerò mai più. In questo caso i miei valori sono incentrati sul rispetto e l'inclusività. Ma per qualcun altro potrebbero essere la libertà di pensiero e di espressione, e la reazione opposta sarebbe il supporto all'esercizio di un titolare che ha esercitato un suo diritto (per quanto lo abbia fatto in maniera aberrante).

Così come un titolare di un ristorante dovrebbe sentirsi libero di non dover per forza aderire alle quote rosa (se si tratta di pura casualità e la discriminazione non è deliberata, in questo caso almeno in Italia è sanzionata dalla legge) e fare una foto del suo staff senza dover poi subire una shitstorm; per lo stesso motivo per cui esistono esercizi commerciali gestiti da sole donne dichiaratamente in nome del women power senza che per questo si sollevino polveroni (a Napoli potrei citare almeno due pizzerie).

E infatti il discorso sulla sensibilità pubblica è equivalente a quello della sensibilità personale. Dieci anni fa non ci saremmo scandalizzati per le magliette di Burgez, le avremmo trovate ironiche. Oggi è tutta un'altra storia. E lì scatta il meccanismo dei valori: "in quel ristorante non ci vado più" dice appunto molto di più della persona che prende questa decisione, che di chi ha commesso il misfatto. Esattamente come la decisione di una guida Michelin di inserire o meno un ristorante nonostante le controversie: si condanna l'uomo o l'artista? Se il mio servizio è al cliente, forse la cosa è irrilevante. Certo, posso dare un segnale con una scelta di esclusione, ma poi devo portarla avanti in totale coerenza (e da lì capisci la linea editoriale della testata).

Ci sono veramente tanti spunti di riflessione in questa newsletter .Grazie mille, soprattutto per il link che mi andrò a spulciare.

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Ciao Giuseppe, grazie per il commento articolato.

D'accordo sullo scegliere le proprie battaglie, il senso poi della newsletter è anche quello.

Due note per spiegare meglio il mio punto di vista.

1. Il sessismo al contrario non esiste. Paragonare un'attività di sole donne a un'attività di soli uomini è ontologicamente sbagliato nella nostra cultura. Le donne in questa società sono soggette a discriminazione, gli uomini no (uomini bianchi ovviamente). Un posto di sole donne - uno su mille? - non appiana le differenze. Un posto di soli uomini aumenta la forbice. Se sei un ristorante moderno che parla di cibo buono, sano e pulito e sei uno chef pubblico - a maggior ragione nel mondo anglosassone - devi arricchire il tuo staff con più esperienza possibile e diversi background. Quindi avere una cucina di soli uomini bianchi, per me è un problema, vuol dire che non stai andando da nessuna parte.

2. Sulle guide: allora la finirei con la baracconata delle stelle verdi, che con l'etica hanno molto a che fare, in teoria. Che sia greenwashing poi lo sappiamo tutte/i, ma di fronte a una condanna penale puoi non prendere dei provvedimenti? E poi su arte e artisti non sono d'accordo: qualcuno di più intelligente di me ha detto che se l'arte degli artisti non comunica i valori dell'artista, ok possiamo scindere le due cose, ma se comunichi attraverso la tua attività i tuoi valori allora abbiamo un problema. Poi non paragonerei mai il lavoro collettivo di un buon ristorante al lavoro individuale di un artista.

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