Sei donna, quindi verrai pagata meno
Le donne vengono pagate meno degli uomini in quasi tutti i settori, compreso quella della ristorazione. Abbiamo parlato con chi viene discriminata oggi, nel 2023, sul posto di lavoro.
/ Commestìbile / #6
“Nella primavera 2018 il governo britannico […] stabilì che tutte le aziende con più di 250mila dipendenti dovessero rendere pubblico, online, il gap retributivo di genere tra i loro lavoratori. […] Fra tutte le aziende, le meno virtuose erano le compagnie aeree e banche. Le prime assumevano uomini per guidare gli aeroplani e donne per servire bibite, pagando gli uni benissimo e le altre decisamente poco. Il 94% dei piloti Easyjet era composta da uomini con un compenso medio di 92.400 sterline; gli assistenti di volo erano al 69% donne con un compenso medio di 24.800 sterline” 1
Qui scrive Victoria Small
Avevo 27 anni quando sono tornata in Italia dall’Inghilterra; fino a quel momento avevo guadagnato molto bene e non ero mai stata pagata meno dei miei colleghi uomini, almeno non di quelli che avevano le mie stesse responsabilità e i miei anni di esperienza.
Una volta tornata a Milano ho scoperto come le cose invece fossero diverse: il mio stipendio era uguale o maggiore a quello delle altre ragazze in sala e bar, ma significativamente più basso di quello dei colleghi col pene. Ho sempre parlato molto apertamente di soldi e, una volta entrata in confidenza con i colleghi, riuscivo anche a parlare di stipendi. La differenza fra il mio stipendio e il loro era spesso di 100 euro al mese, altre volte di 200; dopo ogni conversazione ero comprensibilmente molto incazzata, ma non sono mai riuscita a dire nulla ai miei datori di lavoro, piuttosto me ne andavo.
Il sommario di questa Newsletter
Sei una donna, se ti assumo, guadagnerai di meno
Cos’è il Gender Pay Gap e come siamo messe in Italia
Le testimonianze di quelle donne che sono pagate meno nella ristorazione
Le ripercussioni quando una donna parla nel mondo del lavoro
Tutti i link di questa newsletter
Sei una donna, se ti assumo, guadagnerai meno
Rispetto a 6 anni fa credo che le cose siano leggermente migliorate, ma rimane in auge il bruttissimo vizio, anche in ristoranti blasonati, di pagare più gli uomini delle donne. Per non parlare del problema che ancora oggi persiste in molte insegne famose e meno famose: non si assumono donne in sala.
Una volta un ristoratore molto giovane con il quale mi sentivo in amicizia, a una mia proposta scherzosa di lavorare da lui, mi rispose abbastanza serio “Tanto sai che non assumiamo donne”. Ed era vero: non avevo mai visto nessuna ragazza lavorare in nessuno dei suoi locali. Dopo molto tempo ne assunse una, ma rimase un caso isolato.
Un ristorante celebre a Milano, dove molte famiglie vanno a mangiare a Natale, aveva almeno fino a poco tempo fa la regola “no donne in sala”: secondo la proprietaria del locale, avrebbero distratto i colleghi maschi.
Cos’è il Gender Pay Gap
IL GPG è massimo nelle attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento (59,7%) e nelle attività professionali, scientifiche e tecniche (25,3%), mentre si riduce drasticamente nei servizi di alloggio e ristorazione (7,3%) e si annulla o quasi nel settore estrattivo e minerario (0,9%).
Il Gender Pay Gap è la discriminazione retributiva a danno delle lavoratrici. Una donna non viene pagata, a parità di mansioni, ore ed esperienza, quanto un uomo. Non è un problema solo italiano e non è di certo un problema solo negli ambiti del commestibile, anche se avere dei dati veritieri nel settore della ristorazione è molto difficile.
Ci sono settori dove questa differenza retributiva è spiccata, ma varia molto anche in base a titolo di studio e tende a crescere con l’età.
In questo articolo del 2022 de Il Sole 24 ore si legge come il Gender Pay Gap sia maggiore in alcuni settori piuttosto che in altri. “È massimo nelle attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento (59,7%) e nelle attività professionali, scientifiche e tecniche (25,3%), mentre si riduce drasticamente nei servizi di alloggio e ristorazione (7,3%) e si annulla o quasi nel settore estrattivo e minerario (0,9%).”
La ristorazione non è dunque il settore dove apparentemente la discriminazione economica è più marcata, e nonostante questo esiste e ha un costo tangibile. Duecento/trecento euro in meno su uno stipendio, fra il 12% e il 20% in meno, almeno secondo le testimonianze che abbiamo raccolto.
In Italia, stando ai dati del 2021, la differenze retributiva è circa del 7% a favore dei lavoratori maschi; una buona notizia se si tiene conto della media europea—circa il 12%— sebbene probabilmente poco realistica, almeno se si tiene conto che la maggior parte dei dati di cui si dispone arrivano solo dalle grandi aziende, lasciando fuori una grande fetta di lavoratrici e lavoratori di medie e piccole imprese. Considerate tutte le attenuanti e la veridicità dei dati, le donne italiane lavorano comunque 1 mese e mezzo all’anno gratis rispetto ai loro colleghi uomini.
Non vogliamo illudere nessuno però: la parità totale, e non solo economica, non esiste in nessun paese al 100%, neanche negli stati più illuminati del nord Europa. A giugno 2023 il “World Economic Forum ha pubblicato il Global gender gap report 2023, che si basa sul confronto dello stato odierno e dell’evoluzione della parità di genere in 146 Paesi” come si legge in questo articolo de La Svolta. Secondo il report nessuna delle lettrici o dei lettori di questa newsletter vedrà mai il raggiungimento della parità fra uomini e donne. La data stimata per la fine di ogni discriminazione è il 2154.
Lavoro nella ristorazione e vengo pagata il 20% in meno dei colleghi uomini
Sicuramente gli uomini parlano e contrattano di più sui soldi, ma al netto di tutte le variabili e le differenze, il sistema di assunzioni nella ristorazione è poco meritocratico
Ma come si traducono queste percentuali nella vita delle lavoratrici della ristorazione?Lo abbiamo chiesto alle lavoratrici della ristorazione.
Valentina, nome di fantasia, è una chef da 20 anni, e ha ricoperto diversi ruoli di responsabilità in molte cucine celebri di Milano. Adesso dirige la cucina di un locale in centro città. Il suo compagno lavora nello stesso gruppo e guadagna circa 500 euro in più di lei. Precisiamo che il compagno ha la stessa seniority e i ristoranti, pur essendo di tipologie diverse e in zone diverse della città, hanno più o meno le stesse spese.
“Anche quando ero in cucina, sempre con il mio compagno, lui prendeva almeno 200 euro in più di me; ho dovuto pretendete l’aumento e solo dopo abbiamo iniziato a prendere lo stesso stipendio”.
Valentina continua: “Ho sempre avuto stipendi di partenza più bassi dei miei colleghi, in certe situazioni sono stata promossa in barba a tutti gli uomini che erano assunti da più tempo, e lì sentivo di avere un buon stipendio, ma probabilmente era comunque più basso di quello di chi avevo preso il posto. Sicuramente gli uomini parlano e contrattano di più sui soldi, ma al netto di tutte le variabili e le differenze, il sistema di assunzioni nella ristorazione è poco meritocratico, e lavora grazie ai rapporti personali”.
Valentina mi chiede ovviamente di non fare il suo nome: “Me li vedo già tutti i maschietti della ristorazione che si accaniscono contro di me, e vorrei continuare a lavorare a Milano.”
Un giorno in un meeting mi dicono che non ero capace di fare il lavoro per cui ero stata assunta e che quindi mi avrebbero abbassato lo stipendio di 500 euro per “farmi formare”
Giorgia, anche questo nome di fantasia, è uscita da poco da un progetto ristorativo molto chiacchierato a Milano. Lavorava in sala e non era certo la sua prima esperienza, anzi. "Il ristoratore mi ha fatto lavorare tra le 12 e le 17 ore al giorno, per un mese e mezzo; un giorno in un meeting mi dicono che non ero capace di fare il lavoro per cui ero stata assunta e che quindi mi avrebbero abbassato lo stipendio di 500 euro, per “farmi formare”—come immaginate tutte cose poco legali. E siccome ero ancora in prova ne ho approfittato per scappare immediatamente da quel posto. In più sapevo di essere pagata 200 euro in meno del ragazzo che aveva cominciato con me, e dubito fortemente fosse una questione di seniority. Avevamo lo stesso contratto con lo stesso livello.” Purtroppo Giorgia ha incontrato spesso il brivido di essere pagata meno dei colleghi uomini. “Prendevo 200 euro in meno del ragazzo che aveva il mio stesso ruolo anche nel locale dove lavoravo prima. Nel contratto poi non c’era neanche il nostro vero ruolo; avevano messo su entrambi una mansione random”.
Adesso Giorgia è andata a lavorare all’estero.
Hanno la capacità di farci credere che il nostro valore sia minore.
Chiedo a Barbara, anche qui nome di fantasia, di raccontarmi la sua esperienza lavorativa in Italia da sommelier. “Esperienze in cui venivo pagata meno rispetto ai miei colleghi uomini? Tutte penso, tranne quelle all’estero. Quando sono tornata dall’Australia, sono andata a lavorare in una famosa enoteca, dove mi hanno offerto 1.100 euro come stipendio iniziale. Accettai perché avevo bisogno di un lavoro e nella mia testa mi dicevo che ero da troppo tempo fuori dal mercato del lavoro italiano, e mi illudevo che la situazione fosse così per tutti. Poco tempo dopo arrivò un collega uomo, col mio stesso livello di formazione sul vino ed esperienza; dopo un po’, parlando di stipendi, gli confessai dell’aumento che avevo chiesto e ottenuto. Lui mi disse ‘guarda che sono stato appena assunto e prendo già più di quello che tu prendi adesso con l’aumento’.”
Durante la nostra conversazione, Barbara tocca un nodo molto importante: “Per me il punto non è tanto quanti soldi prendo in meno, ma è l’impatto sul mio lavoro; hanno la capacità di farci credere che il nostro valore sia minore. E poco a poco ho cominciato a credere che avessero ragione: ‘magari è giusto che lui venga pagato di più anche se siamo bravi uguali e abbiamo la stessa età ed esperienza, perché è meno emotivo, perché reagisce meglio, perché quando qualcuno gli dice che deve sorridere di più lui si fa una risata’ non che gli venga mai effettivamente richiesto di sorridere di più.”
Ho sempre notato la tendenza a dar più spazio e più visibilità al mio collega piuttosto che a me. Questo non ha fatto altro che aumentare la scarsa considerazione che avevo di me stessa
Rebecca, anche qui nome di fantasia, lavora come bartender da diversi anni, a Milano. “Anni fa inizio una nuova esperienza lavorativa insieme a un altro ragazzo, mio coetaneo. Entrambi ricopriamo lo stesso ruolo e per contratto siamo inquadrati allo stesso livello. Ho sempre notato la tendenza a dar più spazio e più visibilità al mio collega piuttosto che a me. Questo non ha fatto altro che aumentare la scarsa considerazione che avevo di me stessa. Solo dopo una chiacchierata confidenziale scopro che il suo stipendio era ben più alto del mio, circa del 12%. Ho aspettato più di un anno, dopo aver faticato e sudato, per un aumento di 100 euro. E nonostante l’aumento, il mio stipendio rimaneva più basso di quello del mio collega.”
Le ripercussioni quando ‘parli’ nel mondo del lavoro
“Scusami se te lo chiedo, mi fa strano, ma preferirei non facciate il mio nome, Milano è piccola, si capirebbe subito chi ha parlato di chi” è la frase finale di quasi tutte le interviste qui sopra. E come dare loro torto: le ripercussioni nel mondo del lavoro, specie quando si parla di ambiente ristretti, sono reali. Nessuno vuole assumere una “persona difficile”, anche se “difficile” sta per donna che pretende parità salariale.
Il sistema della ristorazione ha degli aspetti peculiari, diversi da molti altri ambiti lavorativi, ma rimane, al pari di altri settori, un circuito chiuso gestito da uomini e dove per anni hanno lavorato quasi esclusivamente uomini.
Chiudiamo questa newsletter non prettamente estiva e spensierata toccando il caso delle molestie nel mondo del lavoro nella pubblicità a Milano. Non ci addentreremo nella vicenda che è stata raccontata da quasi tutti i quotidiani nazionali più o meno fedelmente.
Vi basti sapere che anche in questo caso molte donne non se la sono sentita di dire il proprio nome, di svelare per quale azienda lavoravano o dire chi era creative director che ha fatto loro delle avance esplicite. Climi di lavoro tossici, molestie verbali e fisiche, chat misogine, stipendi più bassi, ma lo spauracchio di non lavorare mai più e di essere considerate una minaccia. Molte delle testimonianze sono state raccolte in modo anonimo dalla copywriter Tania Loschi; il suo lavoro di raccolta su Instagram, fra gli altri, ha dato il là ad articoli sui giornali e inchieste interne da parte delle aziende.
Per rimanere aggiornate e aggiornati sulle evoluzioni del caso delle agenzie pubblicitarie seguite la pagina Instagram Rebcollective, che garantisce anonimato e uno spazio sicuro per chiunque voglia raccontare la propria esperienza.
BONUS: La parole femminismo fa paura a molti uomini e donne, la useremo magari un’altra volta. Intanto vi linko questo ottimo studio—grazie Marta—su cosa vuole dire fare un ristorante femminista, che poi in pratica sarebbe solo un ristorante etico.
Tutti i link di questa newsletter
Cosa sappiamo (e cosa non sappiamo) sulla gender pay gap (Il Sole 24 Ore)
Il divario delle paghe tra donne e uomini si è ridotto. Ora va chiuso del tutto (Wired)
Fino all'11 febbraio le donne italiane lavorano "gratis": il gender gap nel calendario (Repubblica)
Global gender gap report 2023 (giugno 2023)
Global gender gap report, la classifica: Italia 79° (su 146) (La Svolta)
Abbiamo parlato con alcune delle vittime di molestie nelle agenzie pubblicitarie di Milano (Wired)
The Fascinating History of Feminist Restaurants (Substack)
Economia Doppia X. La lotta globale delle donne contro la disparità economica. Di Linda Scott. Rizzoli, 2020.
Una cosa che mi è sempre stata poco chiara del gender pay gap in Italia è di come sia possibile dal momento che esistono i CCNL che impongono salari minimi uguali per tutti.
Verrebbe da pensare che i datori di lavoro paghino il minimo sindacale alle donne e una cifra maggiore agli uomini, anche se in un'epoca di crisi della ristorazione dove gli imprenditori fanno i salti mortali per far quadrare i conti trovo davvero strano che ci siano queste "regalie di genere" .
Diverso sarebbe se la differenza si esplicitasse nel nero (come testimoniato da alcune delle donne qui elencate): ma allora il problema sarebbe in generale di illegalità, e non potrebbe fare statistica, in quanto per definizione non dichiarato.
È una cosa che mi rende estremamente confuso.