Viaggiare e trovare cose commestibili
L'organizzazione pre partenza gioca un ruolo decisivo.
/Commestìbile/
Edible in Inglese. Comestible in Francese e Spagnolo. Essbar in Tedesco. Kin dị̂ in Thailanedese. Shokuyō in Giapponese
Quando stavamo programmando il nostro viaggio in Giappone—scusa il motivo del ritardo di questa newsletter è proprio questo—io e marito volevamo visitare una città dove non eravamo mai stati, che fosse fra Naoshima e Tokyo. L’amica Vittoria Parola che, fra le altre cose, lavora per l’agenzia Pianeta Gaia, mi dice “Vai a Nagoya, è famosa per l’anguilla”. Dopo due minuti l’albergo era prenotato e una prima selezione di ristoranti fatta. Probabilmente diverse persone si sarebbero prese del tempo per valutare altre mete (anche se a Nagoya c’è un castello molto bello e un sacco di second hand a prezzi ragionevoli). A me era effettivamente bastato sapere che c’era un piatto particolare, una singolarità nel panorama gastronomico nipponico, per giustificare 24 ore lì, e non me ne sono pentita.
Il sommario di questa Newsletter
Priorità in un viaggio
Come cerco ristoranti prima di partire
Cercare posti Commestibili secondo Lavinia Martini, giornalista di viaggio e cibo
Stai viaggiando, ma rimani sempre un turista
Se abiti a Napoli leggi questa proposta
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Priorità in un viaggio
Quali elementi vi spingono a costruire un itinerario nei vostri viaggi? E come scegliete cosa e dove mangiare?
Sulle stories di Commestibile—su Instagram—abbiamo chiesto ai nostri follower (pochi, per ora, ma tutti abbastanza profilati) quali sono i criteri di scelta di una meta per un viaggio e come selezionano i posti dove mangiare. Le risposte, sebbene non statisticamente rilevanti, sono state queste.
Il 42% sceglie una meta in base a cibo e ristoranti. L’altro 42% in base alla cultura. Nessuno per lo shopping. Il restante 16% per la natura. Chi sceglie le mete anche per il cibo come decide dove mangiare? Il 30% in base alle recensioni online (Google e TripAdvisor); il 27% in base ad articoli trovati su magazine; il 25% si affida a Instagram e TikTok; il 17% si avvale delle guide, come Lonely Planet e Guida Michelin.
Quando si parte per un viaggio ci sono tante cose da tenere a mente: la mia personale lista prevede cultura, luoghi iconici, natura, ristoranti/street food e se nelle vicinanze c’è un mercato dell’usato sono estremamente felice. Ma come si sceglie dove e cosa mangiare?
Qualche tempo fa la regola aurea era “chiedi a un local”, ma chi è questo fantomatico local a cui affidarsi? Un estraneo/a che fermi a caso per strada? Un’amica/o di un amico/a trasferitosi qui da 2 mesi? Questo local conosce bene il cibo o va negli stessi due ristoranti da quando è nata/o? Insomma bisognerebbe fidarsi, e io sul cibo mi fido poco.
Come cerco i ristoranti prima di partire
Il viaggio è sempre meno poetico di quello che ci immaginiamo, ma puoi mangiare cose che non trovi sotto casa, e per me quello ha un valore che mi spinge a fare 24 ore di aereo. Anche se le caviglie mi si gonfiano.
Mi informo sulle specialità del posto e inizio a cercare su magazine, siti web specializzati e social tradizionali i migliori ristoranti che servono quel piatto. La questione della specialità diventa fondamentale quando si fanno le ricerche sul web. Quando ho cercato i ristoranti per Nagoya, ad esempio, ho cercato “Best Unagi Hitsumabushi in Nagoya” e questo mi ha consentito di trovare un sito specializzato in lingua inglese, che aveva anche altri consigli sulla città. Fare ricerche generiche porta tendenzialmente ai soliti ristoranti molto famosi, ma che potrebbero essere già tutti pieni o molto turistici.
Per me le guide non sono sempre fondamentali a meno che non abbia bene in mente cosa voglio mangiare o bere. Se sono in Europa probabilmente utilizzerò Raisin, app che tiene traccia dei locali che vendono e servono vini naturali; se sono in Italia sfoglio l’unica guida che per me abbia senso comprare, che è Osterie d’Italia di Slow Food. In Asia per bere utilizzo la 50 Best Bars, nonostante sappia che non è sempre oggettiva come guida, ma mi ridà una visione di insieme sulla città/paese che purtroppo conosco meno e a cui i media tradizionali che consulto danno meno risalto.
Dopo la selezione, a grandi linee, faccio una mappa con MyMaps, dove inserisco il mio albergo come prima cosa, per poi iniziare a guardare dove sono i punti di interesse (musei, quartieri, viste). Poi inizio a riempirla di ristoranti, caffetterie e cocktail bar, cercando di dare alla zona in cui risiederò più spazio possibile, perché quando fai 21.000 passi in un giorno vuoi solo andare in albergo e metterti delle antiestetiche strisce al gel freddo sulle gambe. Con MyMaps puoi cambiare colore e icone—cosa per me essenziale quando sono in giro per avere subito un colpo d’occhio—e mettere nei dettagli del luogo il testo; se non ho particolari informazioni inserisco solo la specialità che servono o il perché è consigliata. Cerco anche di utilizzare diversi colori per ristoranti di fascia di prezzo diverse, così da andare mirata nella scelta o valutare se devo prenotare o meno.
Durante questo viaggio in Giappone ho iniziato anche a guardare un po’ di video su TikTok: la maggior parte suggeriva solo ristoranti arcinoti o cose un po’ strane, tipo questo locale in cui il brodo è a forma di orsi, ma qualche video regalava consigli interessanti. Sicuramente suggerisco il passaggio da TikTok solo quando si ha un quadro già abbastanza chiaro su quello che si vorrebbe mangiare e su cosa offre la città. Altra fonte supplementare, stavolta molto interessante, le newsletter. Proprio qui su Substack ho cominciato a seguire Japan A to Z, che in una puntata consigliava un quartiere “old Tokyo” dove ho mangiato in un paio di posti molto rustici, con gestori divertiti che chiedevano a marito, che capisce un po’ il giapponese, come diamine fossimo finiti da quelle parti. Che è sempre una soddisfazione quando succede.
Capita ovviamente che tu finisca in una zona della città dove non hai salvato nessun ristorante, quindi lì entrano in gioco le recensioni e le foto sia di Google che di TripAdvisor. Uso Google tenendo conto del punteggio e delle foto; TripAdvisor spesso scende un po’ più nei particolari di scontrini e menu. A volte poi mi concedo di andare a sentimento (poco spesso a dire il vero, soprattutto quando ci sono limiti linguistici): in Asia vale la pena tenere d’occhio i baracchini o i ristoranti che hanno molta fila fuori. Sembra un’ovvietà o un trucchetto da poco, ma se anche degli stranieri fanno la fila vuol dire che quel posto è famoso per qualche motivo e forse tu non lo hai intercettato nelle tue ricerche. Per me non è mai una perdita di tempo fare la fila, perché il servizio, una volta conquistato un tavolino, è di solito velocissimo e mangi bene e in fretta, tranne quella volta che per cenare da Jay Fai a Bangkok ho ipotecato tutta una giornata intera. Lo rifarei.
Cercare posti Commestibili secondo Lavinia Martini, giornalista di viaggio e cibo
Andare in viaggio e infilare un ristorante deludente dopo l'altro è sicuramente in grado di rendere la tua esperienza più misera. Ci saranno pure persone che si accontentano di un panino e un pacchetto di crackers, ma io non ne conosco.
Visto che nessuno qui ha la formula perfetta per mangiare bene in viaggio, ho chiesto consigli a Lavinia Martini. Lavinia ha una newsletter sul cibo spaziale—Un’altra Maledetta Newsletter—ed è editor del nuovo progetto editoriale CiboToday (dove hanno parlato anche di Commestibile). Ha, fra le altre cose, scritto diverse volte di turismo e gastronomia, parlando delle problematiche che derivano dal turismo di massa e non solo.
Quando programmi un viaggio quanto conta la componente cibo e ristoranti?
Lavinia Martini: Abbastanza, ci sono cose che puoi non fare in viaggio (comprarti dei vestiti ad esempio) ci sono cose tassative, tipo avere un posto in cui dormire e diverse soste in cui mangiare. Andare in viaggio e infilare un ristorante deludente dopo l'altro è sicuramente in grado di rendere la tua esperienza più misera. Ci saranno pure persone che si accontentano di un panino e un pacchetto di crackers, ma io non ne conosco.
Quando inizi a cercare i luoghi in cui mangerai?
L'operazione di ricerca dei ristoranti può diventare un affare cervellotico. Stilo un sacco di liste di posti che potrei visitare, poi ne individuo un numero ragionevole che saranno concretamente nei miei giri. Le prenotazioni sono sempre più necessarie in almeno tre casi: se il viaggio ruota in parte intorno a un determinato ristorante (una fissa tutta nostra, come nel caso del St.Hubertus prima che chiudesse, l'Alta Badia non è proprio di strada); se viaggi in una città in cui la vita gastronomica è piuttosto vivace e quindi competi sia con i turisti che con i locals (Londra ad esempio); infine se viaggi in posti dove c'è un solo ristorante nel giro di chilometri ed è la tua unica speranza di nutrirti (certe zone del Marocco, degli Stati Uniti o del centro America).
Quali sono le fonti principali che consulti?
La risposta giusta è infiniti. Partirei dalle guide, dove il mio unico credo è la Lonely Planet. Anche la bibbia dei viaggiatori però può riservare numerose sole: per esempio dal mio recente viaggio alle Canarie, monti indirizzi erano "chiusi definitivamente" post-Covid (controllate la data dell'ultima edizione in caso). Nel 2018 sono stata alle Hawaii e la Lonely c'è solo per alcune isole e in inglese (non male, ma più difficile da reperire), nel 2020 in Slovenia praticamente metà della regione non esiste sulla guida, stesso discorso per la Danimarca nel 2021 (incredibile, c'è vita ben oltre Copenaghen). A questo punto si procede con il fai da te.
La seconda voce di conforto, dopo le guide, è Google, perché il sistema di luoghi e recensioni è congeniato per mostrarti molti posti con tante foto, un'ottima fonte di informazioni, molto più che TripAdvisor, benché i giudizi siano particolarmente ottimistici, direi un po' troppo. Del resto: chi è che non ha un account gmail? Guardando decine di ristoranti ogni giorno, l'occhio si allena a intercettare gli indirizzi rilevanti.
Bisogna sfatare il mito che è buono chiedere consigli ai locals. Anche mio padre è un local, ma ai sessantenni abitudinari gastronomicamente non affiderei neppure la scelta della merenda. Bisogna chiedere a qualcuno che ha girato e che ha uno spirito concreto. Come mi sono trovata a scrivere di recente, consigliare i ristoranti non è una faccenda semplice, dipende da una multifattorialità volubile (numero di ospiti, budget, aspettative, zone). A Roma abitano 3 milioni di persone e sono abbastanza certa che una buona fetta di loro mangi molto peggio dei turisti in visita.
Altri consigli che mi sento di dare: profili Instagram di locals che trattano di ristoranti possono essere un'ottima fonte, ma occorre fare una scrematura. Siti di viaggio internazionali (Traveller, Guardian Travel, Eater, Food & Wine) vanno consultati prima di partire per non perdersi le novità e i "must visit" (che poi magari non visiterai, ma va bene così). Se si incontra un ottimo ristorante sul proprio cammino, chiedere al proprietario o al cameriere dove va di solito a bere o mangiare. Anche la ristorazione è una cricca, e fa comodo in viaggio starci dentro. Utilizzare Google per fare ricerche più specifiche: cercare "ristoranti Madrid" vi porterà solo a posti turistici, ma se si circoscrive a una zona, un prodotto o una tipologia (es. caffè specialty o bakery) sarà molto più facile. Chi parte di solito cerca solo ristoranti, molto sbagliato. A quanto pare facciamo numerosi pasti al giorno, meglio partire attrezzati anche per colazioni, cocktail, vini, pane, botteghe, mercati. Ogni tanto però bisogna farsi trascinare: a Fuerteventura per caso in un paesino dell'entroterra ho trovato un ristorante guidato da due giovani, una ragazza in sala e un ragazzo in cucina, aperto da un anno con un menu ispanico e nord africano. Eravamo praticamente gli unici clienti: ecco, di questo non bisogna avere timore, le migliori scoperte si fanno così.
Quanto conta per te il fattore “ristorante tipico” nella scelta?
Limitatamente, ma credo sia soggettivo. Non sono una grande appassionata di trattorie neanche a casa mia, quindi non cerco forzosamente di assaggiare i piatti tipici. Certo, in alcuni paesi la cultura gastronomica è ancora basilare: in Costa Rica puoi mangiare lo stesso piatto anche per 20 giorni. Non si scappa.
Quanto investi del tuo budget per il viaggio in ristoranti?
Troppo? Intorno al 30-40% (il grosso è quello, spostamenti e alloggi).
Consigli per individuare un posto ok quando devi improvvisare ?
Per improvvisare intendo che non hai magari segnato nessun posto nelle vicinanze o programmato nulla ma, come i comuni mortali, devi cibarti all’istante. Mai fare “walk in" ovvero presentarti alla porta se il ristorante è lontano e non hai controllato gli orari. Affidarsi all'odore che senti per strada (è primordiale, ma funziona). Come dicevo prima: Google Maps, “ristoranti vicino a me”, poi filtro per quelli “attualmente aperti”. Certe volte il ristorante più affollato o con più fila è solo un ristorante affollato. Passa oltre.
Uno degli ultimi viaggi dove hai mangiato meglio e perché?
Direi Stoccolma, una città in esplosione gastronomica, ci sono possibilità che rimpiazzi a breve Copenaghen. Anche Helsinki è molto interessante per gli stessi motivi. In Italia direi, a sorpresa, Teramo e provincia, dove c'è un mix di prodotti di alto livello e ricette "tradizionali" che sono diventate molto famose altrove, ma in pochi lo sanno (per esempio la chitarra alla teramana che è nient'altro che spaghetti with meatballs). Mauritius è un mix molto interessante di India, cucina europea ed elementi centro africani.
Stai viaggiando, ma rimani sempre un turista
Postilla sui viaggi a scopo turistico, come quelli di cui ho parlato sino ad ora. Perché qui nessuno è un viaggiatore di concetto o tantomeno un esploratore; spendiamo un sacco di soldi per andare in posti dove ci sono moltissime altre persone che come noi vogliono mangiare, visitare e portarsi a casa qualche foto decente da postare su Instagram. Come dice bene questo pezzo di Rivista Studio “Siamo tutti turisti, anche chi si infligge la Transiberiana è un turista, anche i pacchetti turbo esotici per farsi un giro in Corea del Nord o nella zona di esclusione di Chernobyl sono turismo”.
Sul fatto che il viaggio sia un’attività anti-ecologica guidata dal capitalismo non vi è dubbio. Nonostante ciò, credo sia ancora un’esperienza formativa, se si hanno i mezzi per farla, per guardare dallo spioncino la “vita degli altri”. La tentazione di ricadere nella bulimia del pre-Covid, però, esiste. L’innalzamento dei prezzi dei voli aerei degli ultimi anni è stato probabilmente un bene, almeno nel caso delle low cost e dei viaggi a media percorrenza.
La prima volta che sono partita per il Giappone, sette anni fa, un biglietto aereo costava 550 euro, adesso per la stessa tratta ce ne vogliono almeno 1.200. E se ve lo steste chiedendo, no nel frattempo il mio stipendio non si è esattamente triplicato. Viaggiare è di nuovo una cosa da ricchi? Covid e guerra hanno posto fine alla democratizzazione delle vacanze? Non direi, ma oggi, più che nel 2019, è necessario accettare che su alcune cose dobbiamo risparmiare parecchio (gli alberghi per quanto mi riguarda) e su altre no. Poi il viaggio è scomodità, odiare quello/a in aereo che reclina subito la poltrona sulle tue ginocchia, stare male di stomaco e riempirsi di paccottiglia turistica.
Il viaggio è sempre meno poetico di quello che immaginiamo, ma puoi mangiare cose che non trovi sotto casa, e per me quello ha un valore che mi spinge a fare 24 ore di aereo. Anche se le caviglie mi si gonfiano. Fine.
Se abiti a Napoli leggi questa proposta
Daniele Dodaro, l’amico di Squadrati (quelli dei quadrati semiotici per intenderci), sta cercando persone che abitino a Napoli per una ricerca di mercato in ambito ristorazione. I requisiti sono:
Avere dai 18 ai 45 anni
Essere onnivore
Vanno spesso a mangiare fuori
L'obiettivo è selezionare 6 persone per fare delle video interviste individuali online da 1 ora. Chi verrà selezionato per l'intervista riceverà un buono Amazon da 40€. Non è scam, tutto vero, fidatevi. Qui un breve questionario, che si compila in un paio di minuti: https://forms.gle/dgRuriFok2yD2B5E7
Tutti i Link di questa Newsletter
Cos’è l’Unagi Hitsumabushi, il piatto di Nagoya a base di anguilla (Japan Centre)
Lo street food più costoso di Bangkok ne vale assolutamente la pena (Munchies)
La newsletter sul Giappone - Japan A to Z (Substack)
Il viaggio nell’era digitale (Siamo Mine)
Perché continuano a nascere nuove newsletter che parlano di cibo? (CiboToday)
Viaggiare fa male? (Rivista Studio)
Ecco perché viaggiare in aereo è diventato così costoso (Euronews)
Io per gli ultimi viaggi in Islanda e Portogallo ho fatto una triangolazione di Taste Atlas (per scoprire i piatti tipici), Guida Michelin e la combo Google Reviews / Trip Advisor.
E fortunatamente mi è sempre andata benissimo.
In un solo caso ho chiesto consiglio al receptionist dell'hotel e me ne sono pentito.
Eater.com per i posti in cui esiste e i reportage vecchi di Munchies sono tra le mie risorse preferite. Tra le “guide”, prova a scaricare Fuoricasello, è un Osterie d’Italia a maglie larghe