Titoli grassofobici dei giornali e come evitarli
Lo stato dell'editoria italiana nel 2023: si parla ancora a sproposito di corpi, diete e alimentazione. E ci sono titoli e pezzi potenzialmente pericolosi per chi soffre di DCA.
/ Commestìbile / #14
Per lavoro ogni mattina faccio una rassegna stampa abbastanza capillare sui maggiori siti di informazione online italiani. Una parte del mio lavoro è proprio “consigliare” alcuni dei pezzi più interessanti pubblicati. Leggo di tutto: articoli copiati da magazine americani; news brevissime con moltissimi typo; pezzi che nel 2023 hanno ancora titoli grassofobici.
Il sommario di questa Newsletter
Nel 2023 i giornali pubblicano articoli grassofobici
Una storia editoriale di diete assurde e programmi dimagranti
Scrivere di alimentazione e DCA non è facile
Cosa fa una dietista con un approccio non prescrittivo inclusivo al peso ANTI-dieta
Chi seguire online per saperne di più di grassofobia e alimentazione
Tutti i link di questa newsletter
Nel 2023 i giornali pubblicano articoli grassofobici
Trigger Warning: in questa newsletter si parla di DCA e di grassofobia
“Dormire bene fa dimagrire? Ecco cosa c'è di vero” titola Grazia il 18 ottobre 2023. Il sottotitolo del pezzo aggiunge: “Il buon sonno aiuta a non cedere agli sgarri e a seguire un'alimentazione più sana. Ecco come e perché dormire bene fa dimagrire”
Correlato a questo pezzo c’è anche “Quante ore bisogna dormire per dimagrire? La risposta degli esperti” del dicembre 2020. In entrambi i pezzi si parla forse abbastanza superficialmente di ormoni legati al sonno che potrebbero influire sul modo in cui alimentiamo, ma soprattutto si mette l’accento sul concetto di “sgarri” e su come dormire sia un metodo efficace per evitarli.
Mi è bastato leggere il titolo, prima ancora del pezzo, per pensare che fosse parecchio problematico, in primis per le persone che soffrono di DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare) come l’anoressia; spesso quello di dormire per non soffrire la fame è un consiglio che si trova nei forum, nelle chat o nei profili social “pro-ana” (Pro- Anoressia). In questo vecchissimo thread pro-ana di Reddit si legge purtroppo “quando la fame diventa insopportabile alla fine della giornata prendo uno xanax e vado a letto”. Questo pezzo del 2017 dell’Independent spiega meglio il fenomeno chiamato Sleeping beauty diet.
Mi sono fatta aiutare da una dietista per parlare di questo argomento
Pezzi come questi creano aspettative sbagliate su metodo e soluzione, come con le diete che dovrebbero risolvere dei problemi e invece, almeno la maggior parte, diminuiscono l’autostima.
“Esagerata !”, qualcuno penserà arrivato fino a qui. Sto in qualche modo asserendo che Grazia ha suggerito implicitamente o meno comportamenti pro-ana? No, ma sto ribadendo, come se ce ne fosse ancora bisogno, che la superficialità con cui i giornali scrivono di alimentazione e salute è sconcertante.
Diana Severgnini è una dietista con approccio non prescrittivo, ovvero non focalizzato sul peso e inclusivo. Lavora con i suoi e le sue pazienti usando metodi come alimentazione intuitiva, mindful eating e con tecniche di riabilitazione nutrizionale per disordini e disturbi del comportamento alimentari
L’ho incontrata lo scorso ottobre in occasione di un evento da SpazioInto, dove in alcune occasioni collabora come dietista. Le ho chiesto di aiutarmi per questa newsletter che tocca dei temi a me cari, ma su cui non posso ritenermi esperta.
Mi confronto con lei sull’articolo di Grazia sul sonno, e mi dice: “Per quanto possa avere delle basi scientifiche, il modo in cui viene tradotta questa notizia è pessimo, perché la relazione opposta, ovvero se dormi dimagrisci, non è dimostrata in alcun modo. Pezzi come questi creano aspettative sbagliate su metodo e soluzione, come con le diete che dovrebbero risolvere dei problemi e invece, almeno la maggior parte, diminuiscono l’autostima. Qui il rischio è che lettrici e lettori inizino a svalutare il riposo ‘quando non fa dimagrire’ e non per il benessere psicofisico che porta un corretto riposo. Sarebbe stato più corretto, invece, dire o impostare il pezzo sul ‘dormire è importante e fra le altre cose potrebbe migliorare al rapporto con il cibo’”.
“9 alimenti da non mangiare dopo le 18 se si vuole perdere peso e stare più leggeri” è invece di Vogue Italia, datato 26 settembre 2023. Il pezzo di per sé tratterebbe di digestione e cibi non per forza associati ai corpi grassi, per intenderci si parla anche di cavoli e cibi piccanti, ma il titolo risulta problematico, così come qualche frase buttata qui e lì:
“In più possono disturbare le nostre notti e appesantire il girovita, grazie alle calorie extra non bruciate”
Anche qui chiedo a Diana Severgnini un’analisi più attenta: “Parlare di calorie extra non bruciate è sempre sbagliato: come se andassimo a dormire e ci spegnessimo automaticamente. Ma noi bruciamo energia anche quando dormiamo. Questo approccio è problematico per le persone a rischio DCA, che sono convinte che si debba consumare tutto quello che mangiano e che se non mi muovo vuol dire che non sto consumando. Bruciamo energia anche quando stiamo tutto il giorno seduti”.
Severgnini aggiunge: “In più qui confondono le cose. Quando ti senti appesantita perché magari hai mangiato i cavoli stai confondendo un problema a livello di sensazioni fisiche, che potresti imparare a gestire riequilibrando ad esempio i pasti nell’arco della giornata, e lo stai sovrapponendo all’ingrassare”.
“Che tipo di fame hai? Le 5 personalità alimentari più dannose” è invece il titolo di Io Donna nell’agosto 2023. Anche qui il contenuto è meno increscioso del titolo, ma associare una personalità alimentare al danno è un trigger non da poco.
Me lo conferma anche Severgnini, che aggiunge: “È un titolo e un articolo dannoso, perché si associa alla fame un danno, si parla sempre di giusto e sbagliato e non di funzionalità e benessere, o cosa funziona per te e cosa no. Si danno etichette e giudizi, e questo è un titolo estremamente giudicante, mentre il tema del non giudizio è importantissimo negli approcci terapeutici”.
“L’altro aspetto problematico” continua Diana Severgnini “è che si identifica un comportamento disfunzionale come il ‘mangiare in maniera errata’ con le personalità e quindi con la persona. Il pezzo dice che tu non hai un comportamento, tu sei una 'personalità alimentare’, ‘tu sei la tua patologia’, ‘sei il tuo DCA’ insomma. E così facendo non mi consenti di aprire la porta e distaccarmi da questo comportamento”.
Io Donna, come altri femminili vecchio stampo, propone spesso contenuti sulle diete stagionali—quando ci si mette a dieta? Sempre: prima della scuola, dopo Natale, prima dell’estate—e questo “Inizia gennaio e si torna a dieta. Sì, ma quale? Ecco la classifica delle migliori” datato 17 gennaio 2023, neanche si chiede se sia giusto mettersi a dieta o meno, ma lo mette lì, come un dato di fatto. Il pezzo inizia infatti così:
Festeggiato Natale e Capodanno, gennaio è il mese della dieta. O meglio, del buon proposito di cominciare a rimettersi in forma in tempo. Evitando il solito problema di volere cambiare il corpo a maggio inoltrato, in tempo per la spiaggia.
Una storia editoriale di diete assurde e programmi dimagranti
Sicuramente negli ultimi anni i casi di bodyshaming e di magazine che parlano in maniera impropria o superficiale di corpi e alimentazione sono diminuiti drasticamente. Io stessa, in cuor mio, credo di aver scritto pezzi in passato con titoli che oggi giudicherei pessimi e problematici. In questo la sensibilizzazione online, che ha aperto una discussione su questi temi, ha favorito un cambio drastico, almeno in molte redazioni.
Una volta Vogue suggeriva la dieta delle uova e del vino bianco, e non meno di 10 anni fa prescriveva mirabolanti diete vere e proprie senza, ad occhio e croce, aver mai consultato un nutrizionista. Quindi non possiamo che essere felici dell’evoluzione editoriale di questa e altre riviste, e valutare come questi pezzi siano gli ultimi scampoli di una grassofobia latente che speriamo di non vedere più a breve.
Non mi fraintendete: alcuni magazine si sfogano ancora molto sui corpi delle persone famose. Esempio a caso “nome personaggio famoso + ingrassata” ecco i risultati, sebbene siano di qualche anno fa.
Senza dubbio non sono solo i giornali che hanno il potere di consolidare e “triggerare”. I social hanno preso un’importante fetta di divulgazione, ma la critica mossa ai giornali è più pertinente: i primi fanno informazione e i secondi no.
Ma vediamola in maniera positiva: il debunking fino a 4/5 anni fa non era una pratica seguita dall’editoria tradizionale, e sicuramente neanche rivolgersi a professionisti di salute e alimentazione per costruire dei pezzi lo era. Col tempo questa buona pratica è entrata anche nelle redazioni ‘antiche’, ma rimane più o meno latente un rapporto malsano fra giornalismo e alimentazione: “il tonno in scatola aiuterebbe a prevenire la demenza”, “l’avocado aiuta a curare i tumori”, “il caffè lenisce il mal di testa” un anno e “previene i problemi cardiaci” quello successivo. Non entreremo qui nel merito degli studi scientifici veri o farlocchi, ma vi lascio per completezza un pezzo di Lavinia Martini su CiboToday.
Scrivere di alimentazione e DCA non è facile
Per parlare di un argomento bisognerebbe avere delle competenze. Questo nella stampa italiana ed estera non è sempre vero. Le cose, da un punto di vista, tecnologico stanno però cambiando: ad esempio, in USA molti giornali per poter parlare di argomenti legati alla salute devono poter dimostrare a Google di avere degli esperti o di averli consultati per i propri contenuti, pena non venire privilegiati e non essere nei primi risultati di ricerca del motore di ricerca.
Gli esperti di SEO conoscono bene i concetti di EEAT ovvero Experience, Expertise, Authoritativeness, and Trustworthiness; in pratica fa parte della Search Quality Rater Guidelines di Google, una sorta di manuale che utenti reali utilizzano per valutare la qualità di alcuni risultati. In particolare, soprattutto in USA, questi principi vengono utilizzati con attenzione per i contenuti che hanno a che fare con medicina e dati scientifici.
Le redazioni italiane, spesso senza abbastanza redattori e con articolisti che scrivono di un po’ di tutto per portarsi a casa uno stipendio decente, non possono ambire a specializzazioni di questo tipo, ma parlare di alimentazione in modo diverso è possibile.
Mi viene sempre in aiuto Diana Severgnini: “Noi come professionisti sanitari dovremmo rivolgerci sempre alla Piramide delle Evidenze, in cui mettiamo in pratica delle informazioni filtrate su evidenti numeri di studi. Uno studio soltanto, infatti, non basta; quella che tu leggi è un’informazione di primo livello che deve essere approfondita e studiata, per capire se può essere utile. I giornali al momento non seguono questa Piramide, ovvero non contestualizzano o non approfondiscono un’informazione e quindi non portano evidenze.”
In più aggiunge: “Purtroppo il mondo del giornalismo risente della cultura grassofobica e della dieta, ha un’attenzione solo sulle forme corporee e sull’alimentazione sana. Lo stesso concetto di alimentazione sana è problematico, perché solo un certo tipo di alimentazione non può funzionare per un pubblico ampio, che può interpretare in modi diversi le informazioni che vengono buttate là fuori”.
Una cosa che i giornali possono fare è parlare di esperienze e di farlo con l’aiuto di esperti ed esperte. Molti anni fa questo articolo fece il giro del web e si aggiudicò anche qualche riconoscimento: Cosa significa scrivere di cibo quando soffri di disturbi alimentari, di Giorgia Cannarella. Molte persone contattarono l’autrice per condividere le proprie esperienze e parlare dei propri percorsi.
Cosa fa una dietista con un approccio non prescrittivo inclusivo al peso ANTI-dieta
Diana Severgnini, oltre a darmi una mano nell’individuare in maniera più precisa in questi articoli, di cui il web è pieno, mi ha anche aiutato a fare chiarezza sul ruolo odierno delle dietiste che non hanno un approccio convenzionale all’alimentazione.
Diana segue le sue e i suoi pazienti senza focalizzarsi sulla dieta, appunto, e la perdita di peso, bensì applica quella che si chiama alimentazione intuitiva. Le ho fatto qualche domanda qui sotto, e se volete saperne di più, vi lascio il suo contatto mail: dietista.dianasevergnini@gmail.com .
Qual è il tuo approccio come professionista all'alimentazione e in cosa differisce dalla figura classica, e forse ormai non più attuale, della dietologa?
Diana Severgnini: Nasco come dietista che ha lavorato con approccio classico di prescrizione, ovvero prescrivo un’alimentazione e ti dico cosa mangiare, e il focus è sulla riduzione del peso e sul dimagrimento. Tante volte il dimagrimento non è motivato da problemi di salute, ma è solo per esigenze estetiche. Ho lavorato per tanti anni con questo approccio e ho sempre notato le problematicità, proprio perché ho un’attenzione sui DCA e questo approccio era fallimentare anche per questi. Manipolare il corpo in questo modo,—abbiamo evidenze scientifiche su questo— è fallimentare sia per motivazioni di natura biologiche, che psicologiche. Oggi lavoro con un approccio non prescrittivo, che rientra nel HAES, Health At Every Size.
Nella tua vita professionale ti capita di lavorare o incontrare persone affette da DCA?
Sì, decisamente. Con DCA non intendiamo solo disturbi del comportamento alimentare diagnosticati, ma soprattutto quell’enorme bacino di disordini non diagnosticati che hanno a che fare con rapporti problematici con il cibo. Spesso non si individua un disturbo solo per segnali clinici, ad esempio l’amenorrea o il peso molto basso, ma parlando con la/il paziente si riscontrano pensieri, preoccupazioni e comportamenti disfunzionali su alimentazione e corpo. Solo facendo domande su cosa si pensa e come ci si comporta in relazione al cibo, si capisce se si è a rischio DCA.
Titoli grassofobici o contenuti che ci fanno "vergognare" di avere appetito come possono influenzare persone già affette da DCA o persone comuni?
Un DCA ha a che far con preoccupazione e pensieri su cibo e forme: questi messaggi che etichettano giusti o sbagliati dei comportamenti, fomentano queste preoccupazioni ma anche pensieri disfunzionali sulle scelte alimentari. Il focus di questi articoli non è mai su cosa è funzionale per te e il tuo benessere, ma sempre dicotomico: meglio o peggio; giusto o sbagliato.
Quale secondo te sarebbero i cambiamenti necessari quando si parla su media tradizionali di alimentazione?
Sicuramente direi che se non possiamo fare una Piramide delle Evidenze è meglio evitare di parlare di questi temi o di alcuni studi. Sarebbe ottimo invece ragionare sull’approccio intuitivo, ad esempio come ha fatto questo pezzo di Vogue, che ha scritto cose giuste e illustrato una prospettiva diversa sull’alimentazione (almeno fino alla fine, dove purtroppo ha ceduto a modi di dire grassofobici). Bisognerebbe parlare di cultura della dieta, o illustrare i campanelli d’allarme dei DCA; in questi articoli le persone potrebbero riconoscersi molto di più e sarebbero più utili.
Chi seguire online per saperne di più di grassofobia e alimentazione
Oltre a Diana, su Instagram negli ultimi anni è possibile seguire diversi divulgatori specializzati su temi anti-dieta: uno dei più celebri è senza dubbio Edoardo Mocini. Ha scritto anche un libro “Fatti i piatti tuoi” edito da Rizzoli.
Su grassofobia e discorsi sui corpi, seguo volentieri Giulia Paganelli, in arte su Instagram Evastaizitta.
Se invece la rassegna dei titoli problematici e grassofobici vi ha fatto rabbrividire, allora potete seguire Lara Lago, che su IG e TikTok analizza pedissequamente titoli e articoli problematici.
Se volete segnalare titoli problematici o divulgatori da seguire, fatelo nei commenti.
Tutti i link di questa newsletter
Pro-Ana. Comportamento a Rischio (Ministero della Salute)
Sleeping beauty diet: Women are taking sedatives to get thin risking dangerous side effects (The Independent)
Ho provato una dieta degli anni ’70 che prevede solo uova e vino bianco per 3 giorni (Munchies)
Le food challenge su Tik Tok e Instagram: quanto sono pericolose? (Il Sole 24 Ore)
Quando la smetteremo di parlare superficialmente di diete e alimentazione? (CiboToday)
Cosa significa scrivere di cibo quando soffri di disturbi alimentari (Munchies)
Content Marketing Strategy for Healthcare: The Importance of Google E-E-A-T (Linkedin)
Health at Every Size (National Geographic)
Bellissimo pezzo! E al di là del tema specifico (che condivido) è una problematica fin troppo pervasiva quella di titoli quando non superficiali, volutamente controversi e costruiti proprio per generare polemica e engagement (come sa bene un certo gambero...).