Quanto fa schifo mangiare fuori quando sei incinta
E l'alta ristorazione è un ambiente spesso ostile quando sei gravida.
/ Commestìbile / #29
Ciao, se sei qui mi conosci personalmente, oppure no.
Se mi conosci potresti aver vagamente visto su Instagram che sono da poco madre. Perché io abbia deciso di mettere al mondo una creatura alla soglia di una crisi climatica importante, non saprei.
Non ho reso nota la gravidanza sui miei social; a meno che non mi incontrassi dal vivo, era difficile ipotizzare che fossi gravida, almeno da quello che decidevo di postare sul mio profilo Instagram. Per tutti i 9 mesi ho continuato a pubblicare foto di cibo, e di liquidi che potevano sembrare vagamente alcolici (non lo erano, tranne quel bicchiere di vino che mi concedevo ogni tanto) come se niente fosse cambiato. Non ho pubblicato iconiche foto di pance, un po’ perché volevo tenere per me la gravidanza e i suoi cambiamenti, un po’ perché credo nel malocchio, e online ci sono persone a cui non sto molto simpatica.
Oggi ci si aspetta che la pancia si noti, ma non troppo; che la donna inizi a mutare per diventare piano piano madre, ma non si lasci troppo andare; che curi le smagliature con costosi oli naturali fin dai primi mesi; che mangi bene, che non si ingozzi di cibi proibiti; che non ceda alle voglie, perché non si mangia più per due, o almeno l’applicazione sull’iPhone, una delle tante con cui è possibile tenere traccia del progredire della gravidanza, lo ripete costantemente, al pari di qualunque articolo sul tema. (Non sembri neanche incinta, Lucy sulla Cultura)
Stare bene in un corpo incinta non è automatico (ne ho scritto per Lucy qualche tempo fa). Non voglio generalizzare su una condizione che è profondamente personale: conosco ragazze che hanno amato essere gravide—poche—e altre che, come me, hanno detestato quella condizione fino all’ultimo secondo. Il post-parto può essere ancora peggio, ma attualmente sto prendendo le mie rotondità aggiunte come un momento di transizione necessario.
Il mio dottore al primo appuntamento mi ha detto “la gravidanza non è una malattia”. Ma i limiti ci sono, e per chi ama bere alcolici e mangiare fuori è come se scegliessi di fare la chetogenica da un giorno all’altro, senza preavviso. Sembra molto più tragica di quello che è, vero, ma sto parlando di stati d’animo e contingenze, con la giusta prospettiva tutto si normalizza. Ma quanto è bello non essere più incinta.
Su cosa si può e non si può mangiare in gravidanza c’è un vecchio articolo di Munchies che potete consultare; vi basti sapere che i formaggi buoni, l’alcol, troppi zuccheri e la carne anche solo vagamente cruda non sono ammessi per la salute del feto. Qualcuno dice anche che il pesce crudo sia off limits, ma lì dipende dall’abbattimento fatto in modo corretto e da quanto vi fidate dei ristoranti in cui lo mangiate; io ho continuato a mangiare sushi per tutti i nove mesi, lo ordinavo a domicilio da ristoranti che conoscevo bene.
Andare fuori a cena, però, è più complicato di così: alcuni ristoratori quando vedono una donna incinta tremano, e hanno ragione. Le cotture, i mille ingredienti per fare dei piatti complessi, le singole preferenze: può essere difficile andare al ristorante senza che l’esperienza sia seriamente compromessa.
Posti che non sono minimamente pensati per le persone incinte: i ristoranti di alta cucina
Il primo pasto fuori da incinta “un po’ più complicato” è stato a Berlino, al Café Frieda: la cameriera mi sconsigliò di mangiare un piatto con un formaggio a latte crudo, quindi non particolarmente indicato per l’embrione nel mio utero. “Grazie gentilissima cameriera per avermi avvisato, a Berlino sì che sapete che cosa mangiano le donne incinte”. La cameriera poi fu la stessa che mi portò per farsi perdonare una porzione abbondante di patatine fritte con il tartufo sopra: il tartufo è pieno di terra, difficile da pulire davvero, e quindi sconsigliato perché si potrebbe contrarre la toxoplasmosi. All’epoca ero appena incinta e, in effetti, quel tartufo l’ho pure mangiato, ma non siamo qui ad elencare gli errori della mia gravidanza. Il bambino apparentemente non ne ha sofferto.
Posti che non sono minimamente pensati per le persone incinte: i ristoranti di alta cucina. Le cotture al sangue, i mille ingredienti utilizzati per un unico elemento del piatto, il tempo di permanenza a tavola, rendono molto disagevole l’esperienza. In un ristorante di alta cucina, dove i cuochi erano informati con anticipo della mia “condizione”, mi hanno servito carne e uova crude. Quei piatti non li ho mangiati, e non mi sono neanche lamentata, sbagliando, per aver qualcos’altro in sostituzione. Se aggiungi quello all’impossibilità di bere una buona boccia di vino, capisci che l’esperienza, costata oltre centinaio di euro, diventa poco memorabile. Anzi, esci anche un po’ incazzata.
L’empatia poi è un tema fondamentale: sentirsi accolte da chi di lavoro è nell’ospitalità, quando sei incinta, ho scoperto essere materia sensibile. Se nell’alta cucina non mi sono sentita “capita”, da ristoranti che sul servizio in sala investono di meno sono stata invece molto bene. Metti da Confine a Milano,—recentemente eletta seconda pizzeria migliore d’Italia—dove il trattamento è stato incredibile. Birra analcolica in carta (a proposito diciamo pure che la Moretti 0 ha lo stesso identico gusto della Moretti tradizionale? Incredibile), solerzia nel propormi delle varianti della pizza—era una degustazione—buone quanto quella del miei compagni al tavolo. Se la pizza di Confine per me vale tutti i soldi che i suoi detrattori dicono essere troppi, non vi nego che tornerei lì anche solo per le accortezze che mi hanno riservato in un momento abbastanza delicato della mia vita alimentare.
Idem da Sant’Ambroeus, dove sono andata dietro invito, e dove un cameriere attentissimo è stato solerte nel non consigliarmi dolci che potevano essere problematici, ovvero dove le uova non erano pastorizzate. Il loro Lobster Roll vale i soldi che chiedono, così come il servizio, e se avete “voglie costosine”, da persone gravide o no, è il posto che vi suggerisco.
Nel loro form online per prenotare, da Spore, quando sei chiamata a indicare allergie o il regime alimentare che segui, c’è anche l’opzione “gravidanza”. In un locale che propone un menu unico e molte fermentazioni, quindi teoricamente più difficile da controllare, sono riuscita a mangiare come gli altri e non mi sono sentita di aver buttato una serata o dei soldi.
Durante i 9 mesi della mia gravidanza c’è stato un fiorire di piccole enoteche con cucina a Milano, e ne ho provate diverse nonostante l’impossibilità di tracannare effettivamente del vino. È stato frustrante, ma non volevo rimanere indietro. Qui trovare qualcosa da bere di alternativo era quasi impossibile, salvo qualche eccezione: da Section80Bar ho trovato qualche bevanda analcolica carina e saporita, così come da Bicchierino Bar. Da Enoteca La Botte hanno sempre in mescita Otro, una bevanda fatta a partire dall’aceto, succhi di frutta e botaniche, che ha un gusto eccezionalmente vicino al vino. In altri posti non è andata altrettanto bene, e di fianco a discreti piattini ho “gustato” dell’ottima acqua appena gassata con limone.
Incredibili i cocktail analcolici di Manna di Mattia Mizzi e quelli di Carico, anche se qui le persone mi guardavano comunque con sospetto quando notavano il pancione e davano una rapida occhiata al bicchiere che avevo davanti.
Insomma tutto questo pippotto sull’essere incinta e brevemente “esclusa” dai normali palinsesti gastronomici serve a dire che, a volte, è irrilevante non aver mangiato un piatto di tartare o un tiramisù fatto in casa, ma se in un ristorante trovi qualcuno che conosce davvero le regole alimentari e sa trattarti bene, offrendoti, che ne so, un cuscino o una seduta più comoda, di quel ristorante serberai un ricordo incredibile anche dopo aver partorito.
Recentemente sono tornata da Il Circolino a Rimini proprio per questo motivo: ero stata qui molto incinta ed ero stata molto bene. Cibo semplice e ben fatto, lista vini interessante, ma quello che ha fatto la differenza è stata l’accoglienza: ragazzi curiosi e premurosi che mi hanno fatto venire voglia di tornare qui il prima possibile. E così ho fatto venerdì scorso.
Poi di allattare al ristorante, o di altre cose un po’ scomode della maternità, ne parliamo se volete un’altra volta. Anche qui: avere un cameriere o qualcuno che ti chiede se può aiutarti è un gesto che difficilmente dimentichi.
Link interessanti delle ultime settimane
Se non ci seguite su Instagram, qui riassunti un po’ di link di articoli belli letti nelle ultime settimane.
Where to Travel for a Magic Mushroom Retreat (Thrillist)
Perché i crostacei sì e gli insetti no? (Il Post)
Here Comes a Regular: How Barflies Became My Brothers
”Working at a neighborhood bar, I found fraternal love in the arms of drunken strangers.” (Vice)Il vino francese ha abbracciato l’estrema destra (Domani; di Jacopo Cossater che ha anche una newsletter qui)
La storia de "Il pranzo è servito", l'iconico programma voluto da Berlusconi (Gambero Rosso)
Il lessico pop del panino italiano, dal sandwich al cyber burger (Treccani)
C’è un incidente diplomatico tra Germania e Turchia e la causa è il kebab (Rivista Studio)
Un birrificio giapponese ha inventato un bicchiere che costringe a bere più lentamente (Gambero Rosso)
'White People Food' Is Trending in China, Thanks to This Guy (Vice)
In Italia nei bar e nei ristoranti i turisti pagano di più! La denuncia (Cibo Today)