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Scrivo recensioni solamente per gli estremi: ristoranti assolutamente sorprendenti nel bene e nel male. MA scrivo poco di ristoranti perché mi interessano poco - ed ancor meno le listicole di zelanti adulatori alla OAD, ad esempio.

In questi ultimi mesi ho scritto solo:

- (bene)di Leartá a Siviglia, un progetto nato da un ex chef della turma di Pedro Sánchez di Bagá che ha aperto un piccolo ristorante con la moglie in cui le proteine animali entrano in "senso inverso" - per esaltare il vegetale, che é il re incontrrastato del menu.

- (male) di Rendener a Pinzolo, per tutti i motivi per cui un ristorante pretenzioso delude le aspettative, dal vino rosso caldo, alla tartare tritata, allo zucchero e dolce in ogni portata. Abissale nell'incompetenza di tradurre un decantato "farm to fork" in qualcosa che non sia uno specchietto per allodole (milanesi, di mezza età e poco palato ma portafogli pieno).

La gastronomia mi interessa per cose peculiari, e sicoome purtroppo il compartimento ristorazione si sta appiattendo sulle tartellette per far piacere alla Michelin, ho rivolto il mio sguardo altrove (alla necessitá, ad esempio, di riportare un discorso di alimentazione nella gastronomia, e quindi di parlare di sale, grassi, zuccheri, di colesterolo, di alternative vegetali, di ecologia, di salute umana, di Lancet - e non solo di foraging, farm to table e che bravi i contadini che fanno il formaggio e le mucchine felici). Ovviamente questi discorsi trovano spazio solo su Substack, perché l'editoria di settore é impegnata altrove (a fare reels su gente che mangia panini, a seguire eventi e stellette, e poco altro).

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